Se non ci fossi io...

E' una delle frasi più frequenti nella bocca (o nella testa) degli imprenditori. In genere sta a significare che vorrebbero delegare, ma che in realtà tutto gravita inevitabilmente attorno a loro.
Per invertire questo pericoloso meccanismo, in cui il titolare diventa sovraccarico ed i collaboratori frustrati, serve in genere molto tempo ed influiranno numerosi fattori, tra cui:

- La qualità delle persone attualmente presenti in azienda
- La vera volontà dell'imprenditore di non essere più "indispensabile"
- L'inserimento di qualche nuovo collaboratore molto valido
- La congiunzione astrale di vari pianeti


Ovviamente non tutti i 4 fattori avranno lo stesso peso (almeno il quarto non dovrebbe averne più di tanto), ma è indubbio che vi sono situazioni in cui le relazioni personali sono talmente compromesse che la fiducia reciproca è davvero difficile da ristabilire. L'imprenditore ormai pensa di avere attorno solo persone inette e i collaboratori vedono l'imprenditore come un rompiscatole incontentabile, che non perde occasione per rimarcare ciò che non viene fatto bene.
Se a questo aggiungiamo lo stress causato dai clienti che non pagano, di fornitori che non consegnano, dalle banche che non aiutano, dai sindacati che protestano e dal consulente che ti viene anche a dire che stai gestendo male l'azienda... capite bene che la miscela diventa piuttosto esplosiva.
Per questo il mio consiglio è quello di dare, prima di tutto, il giusto peso alle cose. Non si può affrontare con la stessa energia chi sbaglia una fattura da 15 euro con chi non lavora o crea malumore 8 ore al giorno, 5 giorni a settimana. Così come è sconsigliabile dire ossessivamente alle persone che devono essere più precise/attente/produttive/responsabili se poi non gli si indica concretamente come essere più precise/attente/precise/responsabili.
Ma è altrettanto pericoloso scivolare lentamente verso la rassegnazione, per poi arrivare alla famosa constatazione del "se non ci fossi io tutto andrebbe a rotoli".
Cosa fare quindi?
Primo: distinguere tra le persone che si ha in azienda. Confondere chi davvero non vale da chi sta solo dando il minimo indispensabile potrebbe essere un errore fatale. E già questa distinzione risolverebbe molte cose.
Secondo: ridare fiducia a chi lo merita, tramite un'operazione di delega costante e pianificata. Il che non significa quindi "sbolognare" (attività molto diffusa da chi vuole semplicemente dimostrare di essere indispensabile).
Terzo: cominciare a dare riconoscimenti a chi davvero comincia a prendersi alcune responsabilità o ad applicarsi più degli altri. Ovvero meritocrazia ed incentivi (non solo economici ma anche riconoscimenti in pubblico).
Quarto: riorganizzare sulla base delle nuove responsabilità, definendo meglio flussi produttivi e ruoli di ciascuno.
Fatti questi 4 passi (generalmente passano dai 6 ai 12 mesi) cominciano a vedersi i primi piccoli risultati. Ora però comincia la parte più difficile, ovvero il salto di qualità che può dare il passare da un cambiamento superficiale ad un vero consolidamento dei risultati. Ovvero il lavoro sulle persone e sulla loro consapevolezza. Se questo salto non avviene infatti le vecchie abitudini prenderanno di nuovo il sopravvento, vanificando tutti i risultati ottenuti. E la frustrazione potrebbe portare ad una situazione addirittura peggiore rispetto a prima, poiché adesso sarà svanito anche l'ultimo barlume di speranza sia nell'imprenditore che tra i collaboratori. E questo rappresenterà per l'azienda il principio della fine, ovvero il collasso prima produttivo e poi finanziario.


Mi chiedo quanti consulenti abbiano chiara questa responsabilità, quando promettono grandi cambiamenti con un corso di 2 giornate o tramite seminari collettivi con 100 persone.
Perché qui non si tratta solo di far spendere inutilmente dei soldi ad un imprenditore, ma di diventare corresponsabili di disastri che a volte compromettono la vita di intere famiglie.
Ma se il budget da raggiungere diventa l'unico scopo di un consulente, capite bene come tutto il resto passerà inevitabilmente in secondo piano...

3 commenti:

  1. Da Francesco Merenda (il mio profilo wordpress non sembra andare!)

    Caro Fabrizio,
    mi trovi assolutamente concorde con il tuo bell'articolo, chiaro e illuminante come sempre.

    Se posso aggiungere la mia esperienza personale,controtendenza alle teorie di Mente Consultando che entrambi conosciamo, posso dire che nella maggioranza dei casi, se l'imprenditore è sufficientemente motivato e non permaloso, il percorso si risolve in un tempo anche minore.

    L'imprenditore dovrebbe passare da un atteggiamento riguardo ai problemi da "outside-in" ad "inside-out". Detto alla vecchia, come piace a me e te, dovrebbe accettare che negli anni, preso sicuramente da 1000 cose che in parte lo giustificano, gli aspetti meno brillanti del suo carattere hanno preso il sopravvento nella gestione aziendale. Ergo la mancata efficienza della produzione del suo personale, così come tutti questi presunti "scollaboratori", sono una produzione materiale di tali difetti.
    Se lui è disposto ad eliminarli, le proiezioni come d'incanto svaniscono.

    Invece di andare a "caccia di stronzi" in azienda, un primo passo importante sarebbe quello di riuscire a conquistare la fiducia delle persone per farsi dire quali atteggiamenti del titolare odiano, non sopportano o semplicemente danno loro fastidio.

    Solitamente partendo da ciò (e io ricevo sempre risposte che conoscendo superficialmente il titolare mi lasciano di stucco), e con la voglia del titolare di rimediare... un buon 70% dei problemi si mettono a posto, già nell'arco di x settimane...magari con una bella pizzata per festeggiare la "ripartenza" dell'azienda.

    L'unico problema che riscontro come più ostico, è quello dei collaboratori dal "culo pesante", cioè con poca voglia di spendersi nelle attività dure e quindi maggiormente produttive.

    Al solito spesso (non sempre per carità) è un problema di proiezione dei difetti del titolare...due su tutti:

    1 bassa determinazione
    2 tendenza ad accettare compromessi perchè lui per primo ha il culo pesante e non uscendo dalla porta o non alzando il telefono si fa tenere sotto ricatto da due pigroni, della serie "se andiamo via noi poi tu devi tornare a lavorare, quindi non rompere".

    Anche qui, invece che aspettare un anno o più, ho notato che il meccanismo si disinnesca non appena il titolare ritorna "in pista", si mostra nuovamente carico e voglioso e magari a questo aggiunge una bella selezione che da un segnale chiaro. (Titolari che selezionano ma col culo a sedere ho visto che non fanno proprio paura a nessuno e non hanno effetto).

    Ergo, se i titolari d'azienda capissero due cose:
    1 non essere permaloso
    2 devi tornare ad alzare il culo

    il 90% dei loro problemi svanirebbero come di incanto. Altrimenti useranno sempre la scusa "se non ci fossi io" per riempirsi la giornata di cose da fare, che non rispecchiano però ciò che sarebbe veramente necessario per il prosperare dell'azienda.

    Noi rimaniamo straordinari ed spingiamo. Chi ci ama ci seguirà.

    Grazie mille per gli spunti fantastici che anche oggi mi hai fornito con il tuo articolo.

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  2. Sicuramente i primi risultati si ottengono dopo le prime settimane, perche' sono gli effetti motivazionali molto più facili e rapidi da ottenere. Ma se c'è da formare tutta la prima linea di responsabili, per renderli davvero autonomi, un anno in genere serve tutto ( a meno che uno non segua solo quell'azienda). Lavorare in profondità sulle persone e sul loro Ego richiede ancora più tempo. D'accordissimo invece su tutto il resto!

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  3. Concordo al 100%. Quello che intendevo dire è che prima l'imprenditore si mette in gioco davvero, prima si fa.
    Quello che non funziona di solito è l'atteggiamento degli imprenditori "motivami gli uomini" o "risolvimi tu questo problema".

    Se la prima linea è storta, molto probabilmente non saranno dei geni ma sono convinto che i primi mesi di lavoro non erano messi così.

    Molti imprenditori hanno il dono innato di storciare la gente a posto :D

    Considerando il tessuto sociale delle PMI italiane, nel 99& dei casi ci ritroviamo con l'avere a che fare con un artigiano, che spesso nasce come tecnico, che semplicemente si è "ingrandito". Molto probabilmente quindi non è laureato in scienze della comunicazione ad Harvard...anche se rimane un grandissimo artigiano.

    Far capire questo è già un impresa ardua. Poi sono daccordo con te che ricucire i rapporti, mettere in ordine la motivazione vera delle persone se è passato troppo tempo, richiede certamente anche più di un anno. Perbacco! :D

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it