Passaggio di consegne

Per passaggio di consegne in azienda si intende tutto ciò che va da un complesso ricambio generazionale ad una semplice fase di delega ad un collaboratore.
E' un aspetto sempre molto delicato, poiché bisogna lavorare contemporaneamente su più fronti, non dando per scontato nulla.
I due soggetti maggiormente interessati sono ovviamente chi deve passare il testimone e chi invece lo deve ricevere, ma anche il contesto circostante, come vedremo, influisce non poco sulla buona riuscita dell'operazione.

In una prima fase va verificata la reale volontà di entrambi riguardo al passaggio di consegne. Non è detto che alla "necessità" di farlo si accompagni sempre un altrettanto forte "desiderio". Ad esempio il fondatore di un'azienda, ormai anziano, potrebbe razionalmente rendersi conto che è giunto il momento di delegare a chi porterà avanti l'azienda dopo di lui, ma allo stesso tempo temere di farlo davvero.
Ecco perché la delega relativa alle conoscenze tecniche o pratiche è in genere la fase più semplice e in ogni caso successiva a quella più prettamente emotiva.


Questa prima fase non può ridursi in una chiacchierata superficiale, anzi può durare anche per mesi, riconoscendo e affrontando tempestivamente i blocchi mentali ed emozionali ogni volta che emergono.

I più ricorrenti, da parte di chi deve dare la delega sono:
- Timore che chi la riceve non abbia l'esperienza necessaria o il carattere adatto.
- Controllo compulsivo su ogni attività fatta.
- Convinzione che le cose possano essere fatte solo come le faceva lui, senza dar spazio a possibili varianti.
- Eccessiva apprensione per il futuro o per l'insorgere di problemi contingenti.
- Paura di perdita dello status, ovvero del ruolo avuto fino ad oggi.
- Sfiducia o poca stima nelle persone in generale.

Da parte di chi deve ricevere la delega i blocchi maggiori possono essere i seguenti:
- Timore di non essere all'altezza e paura del confronto.
- Desiderio di fare subito cambiamenti importanti.
- Avvertire di non avere la stessa leadership di chi lo ha preceduto.
- Non saper gestire eventuali piccoli boicottaggi fatti da chi ambiva a quel ruolo.
- Incapacità nell'affrontare le responsabilità e le scelte.
- Poca stima nei confronti di chi dovrà lasciargli il testimone.

Inutile dire che i blocchi emotivi sono spesso più complessi da gestire quando parliamo di passaggi generazionali all'interno dello stesso nucleo famigliare. In questo caso infatti le difficoltà aziendali si amplificano poiché subentrano anche quelle relazionali e affettive.

La seconda parte comincia quindi solo dopo che sono stati rimossi i principali ostacoli di natura mentale o emozionale e consiste nel pianificare tecnicamente la delega.
Innanzitutto va chiarito bene il ruolo da delegare, poiché ciascuno potrebbe averlo interpretato a proprio modo. Per farlo bisogna passare attraverso ad un dettagliato mansionario e ad una rivalutazione delle attività svolte, distinguendole in fondamentali/indelegabili e secondarie/delegabili. Non tutto potrà infatti essere delegato immediatamente, quindi questa prima distinzione permette un passaggio graduale e senza traumi.
Si noterà, in questa fase, come non sia così immediato per chi deve fare il passaggio di consegne, distinguere tra le sue attività importanti e quelle semplicemente di routine o urgenti. Questo nel passato gli avrà creato sicuramente problemi legati alla gestione del proprio tempo e delle proprie energie, creando la distorta convinzione che "debba fare tutto lui" e che il lavoro "generi stress". Idee virus che involontariamente tenderà a trasferire a chi gli subentra.
L'obiettivo principale è cominciare a prendere piccoli accordi su chi si occuperà di cosa, evitando il classico problema della responsabilità a metà, in cui entrambi pensano che non sia più (o ancora) compito loro, con inevitabili disagi organizzativi e aziendali.
Nei primi mesi ci si deve incontrare tutte le mattine, come prima attività della giornata, per pianificare la suddivisione dei compiti. Se ci sono compiti che richiedono la competenza di chi sta delegando questi vanno fatti assieme, con tre passaggi diversi:
a. lo fa chi lo sa fare, l'altro osserva e impara
b. lo si fa assieme
c. lo fa solo chi ha imparato e l'altro osserva che sia tutto ok.

Nei mesi successivi gli incontri possono diradarsi, da due a settimana ad uno a settimana, verificando semplicemente che l'operatività proceda senza grandi intoppi e che gli obiettivi di chi sta prendendo le redini dell'azienda o del reparto vengano raggiunti. In caso contrario chi sta delegando verifica di quale natura sono i problemi (se tecnici, organizzativi o caratteriali) ed insieme si stabilisce come far fronte per poi risolvere definitivamente le vere cause.

Infine ci potrebbero essere ostacoli "esterni", dovuti a collaboratori, colleghi pari grado, clienti o fornitori che non hanno accettato o non vedono di buon occhio il passaggio di consegne. Anche in questo caso i motivi potrebbero essere svariati:
- la gelosia di chi ambiva a quel posto.
- la semplice invidia di chi non reputa meritevole il nuovo ruolo assegnato.
- la paura dei fornitori di dover ricreare un rapporto consolidato o privilegiato col vecchio responsabile.
- il desiderio dei clienti storici di farsi curare da colui che li ha sempre seguiti (e che magari continuano a ritenere più esperto).

In tutti questi casi il pericolo maggiore è che chi subentra venga "bruciato" con una semplice frase da chi sta lasciando. Basta "scavalcare" o "contraddire" una singola volta la persona che sta prendendo in mano la situazione, per vanificare il lavoro di mesi e consolidare nelle persone restie al cambiamento l'idea che il loro referente resterà sempre quello precedente.
La frase magica di chi vuole delegare sarà quindi "Io non me ne occupo più, ne ha già parlato con il nuovo responsabile?".
La difficoltà nel pronunciare questa frase sarà strettamente legata al vero desiderio di passare il testimone, e quindi anche lo status e la responsabilità piena, a chi gli subentrerà in futuro.






4 commenti:

  1. Dott. Cotza,
    ho letto con interesse questo suo articolo, ed in effetti ritrovo tutti i problemi avuti nella mia azienda quando è arrivato il momento di delegare tutto a mio figlio e a mio cognato. Purtroppo nel mio caso c'è stata l'aggravante che tra loro due i rapporti non erano buoni, quindi hanno cominciato a farsi la lotta interna, mentre io assistevo impotente ed il nostro consulente (commercialista) non sapeva che fare. Dopo quattro anni di discussioni interne la nostra azienda, complice anche la crisi, ha registrato un calo del fatturato del 50% e il bilancio è in rosso da due. Fa male vedere trentanni di sacrifici buttati via e non sapere più cosa fare per evitare il peggio. Mi scusi lo sfogo.
    Distinti Saluti.
    Ercole Pasquali

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  2. In effetti tutto si complica quando il passaggio si svolge all'interno di un contesto famigliare. La fase uno andrebbe fatta in maniera ancora più approfondita, gestendo prima eventuali disaccordi, come nel caso di suo figlio e di suo genero. Passare direttamente alla fase due in situazioni simili si rivelerà un errore fatale con gravi conseguenze per l'azienda. Per quanto competente tecnicamente un commercialista non sarà in grado di gestire questo tipo di problematiche, legate principalmente ai rapporti interpersonali. Le suggerisco di affrontare velocemente la situazione, convocando suo figlio e suo cognato ad un incontro chiarificatore, in cui emergano i motivi dei conflitti, per capire se sono principalmente di natura personale o lavorativa. Dica chiaramente ad entrambi che se non giungono ad un accordo definitivo questo comporterà il fallimento dell'azienda e di conseguenza il fallimento di entrambi. In questi casi parlare chiaro è l'unica soluzione. Se ha bisogno di altri suggerimenti mi contatti pure in privato: f.cotza@all-winners.it.

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  3. Tutta la trattazione è molto esaustiva ... ma dà per scontata una realtà che non lo è affatto. Tutto il management italiano soffre di una assoluta mancanza di cultura. Incapacità, incompetenza, presunzione, pressapochismo, mancanza di informazione, attenzione, cura non permettono - nella maggioranza dei casi - all'organizzazione di avere quell'efficacia che si dovrebbe poter pretendere. Se ciò accade in condizioni normali, vale ancora di più dove la scelta del "continuatore della tradizione " (sic! oggi quasi sempre assolutamente anacronistico e autolesivo), specie nelle aziende familiari, comporta una scelta tra risorse umane che sono quelle che sono e, quasi certamente, non sono quelle che dovrebbero essere.
    Il nodo è assolutamente centrale e determinante. Al resto si può trovare soluzioni, ma questo problema - spessissimo - non è risolvibile per la stessa natura degli attori. Chi ne subisce le conseguenze: l'organizzazione --> il mercato --> la competitività.

    Roberto Fiore
    consulente in comunicazione
    r.fiore@rfcomunicazione
    www.rfcomunicazione.it

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  4. Ciao Roberto,
    in effetti spesso parlo di questa lacuna negli altri 200 post del blog ;)

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it