Il dilemma del formatore.

"Nel dire alcune verità scomode devi fare i conti con l'impopolarità. Ma senza popolarità non puoi trasferire a più persone quelle verità scomode che qualcuno potrebbe apprezzare".
Molti bravi professionisti, nel mio settore (ma non solo) si trovano in questa situazione. 
Perché la maggior parte delle persone è affamata di certezze ed assetata di facili illusioni
Ma detesta la sgradevole sensazione di disagio che deriva dal fare i conti con la consapevolezza.
Per esempio le persone vogliono che tu fornisca loro le frasi adatte per "persuadere" un cliente, ma quando dici loro che in realtà non devono persuadere proprio nessuno, ci rimangono male e pensano che tu non sia competente.
Sono stati talmente lobotomizzati da video corsi da 5 minuti o da ebook da 30 pagine che sostengono di spiegare "come ipnotizzare il cliente con una frase" o come "avere successo in 5 passi", che ora vogliono solo formule magiche, non soluzioni vere.  

Ecco quindi il dilemma. 
Adattarsi e sfruttare questi ormai noti meccanismi psicologici per piacere al maggior numero di persone, oppure andare avanti senza preoccuparsi del consenso, comunicando solo a quei pochi veramente recettivi?
Il paradosso sta nel fatto che ormai popolarità, successo e qualità sono diventati sinonimi. 
Cioè chi vuole dimostrare la qualità di ciò che offre usa lo strumento del "piace già a tanti", come se l'ultima hit di Giusy Ferreri fosse per antonomasia qualitativamente meglio di "Prélude à l'Aprèes-midi d'un faune" di Debussy, poiché è evidente che nella hit parade c'è lei e non lui. Quindi lui è uno sfigato e come tale non può insegnarti a fare musica di qualità.
D'altra parte se non sei popolare come fai ad intercettare chi vorrebbe Debussy e non sa che esiste, e quindi si sorbisce solo quello che "piace alla gente"? 
Davvero un bel dilemma.
Ma questa sarebbe una riflessione superficiale, se non analizzassimo anche altri fattori interessanti. 
Ad esempio di quando popolarità e qualità coincidono. 
Cristo, Gandhi, Luter King e Kennedy, ad esempio, sono stati popolari, pur essendo portatori di concetti elevatissimi.
Ed infatti sono stati fatti fuori.
La terza via purtroppo è proprio questa. Se sfidi lo status quo e porti avanti un approccio davvero Sovversivo, devi mettere in conto il sacrificio, che nei casi più eclatanti ha portato addirittura a quello più estremo della morte.
Popolarità, qualità vera del messaggio e vita tranquilla non possono coesistere assieme. Perché rappresenterebbero un errore del sistema (per dirla citando "Matrix", non a caso).

A chi mi chiede: "Quindi tu sei contrario al Successo?", oppure se ne esce con la frasetta da motivatore piennellaro: "Tu disprezzi il Successo solo perché non ti sei fatto il culo per raggiungerlo" io rispondo così: "Prima definiscimi cos'è per te il Successo". 
Se parli della popolarità, del consenso, delle mille millanta persone che ti cercano, ti osannano e ti dicono che sei "mittticoooo!!!"... beh, allora no, non mi interessa. O meglio, essendo consapevole di quale sarebbe il prezzo da pagare, non sono disposto a pagarlo, per una serie lunghissima di fattori che hanno a vedere principalmente con il mio personale concetto di vera qualità di vita (valore su cui non sono disposto a scendere a compromessi).
Come ho già scritto in un post precedente, ho rivalutato il (vero) concetto di zona di comfort, ovvero la capacità di stare bene con poco, di rivalutare i bisogni essenziali da quelli indotti, di dare una priorità a quello che davvero voglio, rispetto a quello che il mondo mi dice che dovrei volere.
Al punto che la normalità diventa qualcosa di abominevole ed "anormale", sulla spinta di un desiderio "popolare" di dover essere sempre migliori di qualcun altro.
Ma chissenefrega! 
Questa è la carota per asini, trasformata dai soliti personaggi motivazionali in "capacità di perseguire obiettivi sempre più grandi". 
Peccato che si scordino di aggiungere "perdendo di vista te stesso e le persone attorno a te".
Ebbene, tutto questo è profondamente impopolare, e non può ricevere lo stesso consenso di un post che ti promette "come raggiungere il successo in 5 passi".
Eppure l'unica strada per raggiungere un vero equilibrio ed una piena soddisfazione sia professionale che affettiva, consiste proprio nella capacità di uscire da questo ingranaggio.
E chi mi conosce personalmente sa che posso parlare di questo in maniera sufficientemente coerente ed attendibile.

Quindi, amico e collega formatore che non hai ancora riempito i palazzetti dello sport o che non hai centomila millanta like sulla tua pagina Facebook, non sentirti un perdente o frustrato. Chiediti semplicemente cosa vuoi veramente per te, e se i concetti che esprimi vanno contro ai diktat imposti da qualche Guru.
L'essere Sovversivi forse non premia in termini di popolarità, ma vuoi mettere la soddisfazione di non doversi trasformare in una delle tante mosche di successo, adattate a questo mondo di merda?

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4 commenti:

  1. Ciao Fabrizio,
    chi ti segue da tempo capisce perfettamente quello che dici e la pensa come te.
    Tu “doni” un prodotto ad elevatissima qualità, e come tutti i prodotti di questo livello non è per tutti o per un problema di costi o come in questo caso non è da tutti compreso.
    Il dilemma a cui ti riferisci potrebbe essere “traslato” a tutti i livelli lavorativi, imprenditori, dipendenti, etc..
    La decisione di assecondare i bisogni dei clienti (siano essi interni o esterni all'azienda) anziché pensare al bene degli stessi dipende unicamente (almeno credo) dai propri valori personali.
    Chi pensa esclusivamente al mero guadagno sicuramente non ti seguirà ma non credo possa appassionarsi a quello che fa con conseguenti scarsi risultati delle persone da lui formate.
    Riguardo alle persone da te citate in quanto “fatte fuori” (alle quali potremmo aggiungere anche nomi di Italiani, magari meno popolari nel mondo) aggiungo che molte altre sono state “isolate” per non poter nuocere (questo si usa anche in molte aziende…).
    Questo, a mio parere, è il risultato dell’ignoranza ed egoismo della maggior parte degli esseri umani che non vogliono problemi e pensieri (meglio nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi).
    Io non sono un formatore per cui la mia visione è sicuramente quella di un “non addetto ai lavori” ma sono fortemente convinto che il concetto “pochi ma buoni” sia sempre la miglior leva per il proprio benessere e la propria soddisfazione.
    Perseguire l’eccellenza significa andare spesso controcorrente, avere più problemi, scontrarsi con più persone ma avere molte più soddisfazioni.
    Più persone condivideranno il “Fabrizio pensiero” più persone saranno formate verso l’eccellenza ed il successo…

    Marco Braglia

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  2. Hai perfettamente ragione Marco, questo concetto può essere esteso in ogni settore ed in ogni ambito professionale (e non). In questi casi cito spesso Gurdjieff, il quale suggeriva che dal carcere non si può fuggire da soli, ma neppure tutti assieme. In un piccolo gruppo sì ;)

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  3. Come da accordi pregressi (su LinkedIn) hai fatto un nuovo follower ;-)
    Complimenti. Questo articolo è illuminante.

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  4. Grazie mille Alessandro, e a presto!

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it