Uscire dalla zona di comfort? Ma anche no!

Ormai non c’è “coach”, nel variegato mondo della formazione pseudo motivazionale, che con tono solenne, durante uno dei propri corsi, non se ne esca con la frase: “Se volete ottenere i vostri obiettivi dovete essere pronti ad uscire dalla vostra zona di comfort!”.
E la reazione classica dei presenti è “Sì, già, proprio vero, dobbiamo uscire dalla zona di comfort…”.

Ecco, l’ipnosi collettiva fa addirittura prendere per sacra, intelligente e profonda una frase di questo tipo, senza neppure soffermarsi sul significato letterale.
Vediamo perché.

Partiamo dal significato di comfort: "L'insieme di sensazioni piacevoli derivanti da stimoli esterni o interni al nostro corpo, che ci procurano una sensazione di benessere in una determinata situazione” (wikipedia).
Quindi se già ti trovi in una situazione confortevole per quale motivo dovresti “uscirne” per ottenere nuovi obiettivi o risultati?
Una motivazione potrebbe essere che alcuni sono incastrati nel meccanismo (insano) della “Felicità Infelice”. Ovvero del non sapersi mai godere quel che si ha, pensando a quello che ancora non si ha. Si tratterebbe però di un problema psicologico da curare.
Il più delle volte, invece, la verità è un’altra: le persone che ricevono e accettano quel messaggio NON SI TROVANO AFFATTO IN UNA SITUAZIONE DI COMFORT, quindi è piuttosto stupido chiedere loro di uscire da una situazione che non stanno vivendo.


In questi mesi ho fatto numerosi test per verificare questa mia teoria. Ogni volta che qualcuno mi diceva “Eh, lo so, dovrei uscire dalla mia zona di comfort”, io chiedevo: “Quindi mi stai dicendo che in questa situazione stai bene e provi benessere?”. La risposta era sempre la stessa: “Beh, certo che no!”.
Giustamente.

È chiaro quindi che il concetto di Comfort viene interpretato ed usato in due modi distorti:
  1. Per indicare una serie di abitudini alle quali siamo affezionati, ma che ci danneggiano.
  2. Una momentanea condizione di benessere che nasconde un’insidia più grave (simile a quella della rana nella pentola piena di acqua calda, che poi finisce con il farsi bollire). 

Facciamo un esempio pratico che includa entrambi i casi.

Sono un imprenditore che è abituato a lamentarsi dei propri collaboratori, senza affrontare mai direttamente le cause di questa insoddisfazione. Semplicemente passo tutto il giorno a rimuginare tra me e me tutto ciò che non fanno di buono, oppure mi sfogo continuamente con un socio o il mio partner.
Questa in effetti è un’abitudine negativa, che qualcuno potrebbe ricondurre nella famosa “zona di comfort”, che includerebbe anche il secondo aspetto, ovvero la momentanea condizione di benessere (il momento in cui ci si sfoga e si ha così un temporaneo sollievo). 
Ma se tu chiedessi a questo imprenditore: nella tua situazione attuale, provi benessere nello stare dentro la tua azienda e nell’interagire con i tuoi collaboratori? La risposta sarebbe sempre e solo una: NO!
Quindi lui non si trova affatto in una zona di comfort, sebbene l’abitudine lo porti a trovare temporaneo conforto nel lamentarsi! 

L’affermazione che chi deve uscire dalla zona di comfort lo debba fare nonostante abbia l’impressione di stare già bene è una favoletta irreale, alla quale si tende a credere solo per pigrizia mentale.
Una persona che sta già veramente bene, quindi che si trova in una reale zona di comfort, non ha alcun motivo sensato per uscirne alla ricerca di “qualcosa di diverso”. 
Immaginate di trovarvi in un luogo per voi piacevolissimo, che vi dà benessere ed energia, con attorno le persone a voi più care. Se qualcuno vi dicesse di andarvene da lì, per il vostro “bene”, perché quella rappresenta una pericolosissima zona di comfort, come reagireste? 
Ecco, ci siamo capiti. 
Se invece pensi di essere in una zona di comfort, ma in realtà sei stressato, insoddisfatto e preoccupato, allora ha senso uscirne. Tanto non era una zona di comfort, bensì di Scomfort!

Il mio augurio è di trovare la vostra vera zona di comfort, e di restarci il più a lungo possibile. 

E se qualche formatore pseudo motivazionale verrà a dirvi che dovete uscirne al più presto, saprete cosa rispondergli: ma anche no!

2 commenti:

  1. Verissimo! Sarebbe meglio dire (come del resto fa lo stesso Richard Bandler) "zona di familiarità" – che poi anche la familiarità possa essere "cosa buona e giusta" questa è un'altra storia...
    Nicola Perchiazzi
    http://stelladanzante-nike.blogspot.it/

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono d'accordo ;)
      Grazie per il tuo contributo Nicola.

      Elimina

Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it