La truffa di Alcoa

Non è possibile rimanere indifferente di fronte alla disperazione dei minatori sardi o degli operai dell'Alcoa, i quali stanno giustamente lottando per ottenere quello che in Italia è definito un "diritto", ovvero il lavoro.
Premesso che i diritti in Italia sono un bluff, poiché diventano fonte di privilegi per pochi e aria fritta per tutti gli altri, quello che sconcerta è il modo in cui è stata gestita tutta la faccenda di Alcoa negli ultimi 15 anni. Lo Stato ha infatti sovvenzionato un'azienda che non aveva alcun futuro solo per impedire che lasciasse a casa i suoi dipendenti, ma in realtà ha solo buttato via ben 3 miliardi di Euro per ritardare una scelta che era ormai stata presa.
Ci si chiede se con tutti quei soldi si poteva far altro, invece che prolungare l'agonia di un'azienda straniera, interessata solo a prendere finché c'era da prendere, per poi trasferirsi altrove non appena i rubinetti venivano chiusi.

Con 3 miliardi di euro si sarebbero potute aiutare le piccole e medie imprese sarde, oppure si potevano incentivare le start-up con progetti legati alla valorizzazione del territorio. Destinando 50 mila euro ad azienda si sarebbero potute aiutare 60.000 attività, dando loro percorsi di affiancamento imprenditoriale per almeno 3 anni, quindi non solo denaro ma anche gli strumenti per essere competitivi (la famosa canna da pesca, invece del pesce già pescato).


Calcolando una media di 10 persone ad azienda i posti di lavoro che si sarebbero creati (o salvati) sarebbero stati molti di più e, soprattutto, avrebbero garantito un futuro più stabile.
Ebbene, ci si chiede come sia possibile che un ragionamento così semplice e così logico non provenga mai da chi dovrebbe avere competenze ben superiori ed una lungimiranza legata al lungo periodo e non soltanto all'opportunismo.
Quello di Alcoat dopotutto è soltanto uno dei tanti esempi di come per salvare carrozzoni ormai improduttivi vengano destinate risorse incredibili, mentre non si faccia nulla di concreto per ricostruire (visto che ormai è semi-distrutto) quel tessuto di piccole e medie imprese che potrebbero davvero salvare il Paese.
Tanta ottusità porta a pensare solo due cose:
1. Che si voglia deliberatamente distruggere la nostra economia per favorire le multinazionali.
2. Che siamo in mano a persone ignoranti, prive di ogni contato con la realtà.

Purtroppo i soli incentivi economici non basterebbero, poiché, lo ribadisco con forza, ormai si è distrutta buona parte di quella cultura imprenditoriale che un tempo era frutto di genialità e buon senso e che adesso invece è solo dominata dalla paura, dalla contingenza e dalla mancanza di conoscenza adatta per affrontare tutti i cambiamenti in atto.
Bisognerebbe che gli imprenditori, come molte altre categorie professionali, avesse l'obbligo di aggiornarsi per mantenere elevate le proprie competenze sul controllo di gestione, sull'organizzazione aziendale, sull'internazionalizzazione, sulle nuove tecnologie informatiche.

Aiuti Statali finalizzati a rendere davvero solide le nostre aziende e una presa di responsabilità da parte degli imprenditori sarebbero il mix vincente per ritornare ad essere un Paese competitivo nel giro di 3-5 anni.
Ma temo che sia un'utopia e che ci attenda, come sostengono ormai in molti, un nuovo Medioevo.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it