Non è la crisi la causa dei suicidi.

Stanno crescendo in maniera esponenziale il numero dei suicidi, soprattutto tra imprenditori e liberi professionisti, a causa di difficoltà finanziarie.
La prima reazione è quella dello sdegno. E' davvero inconcepibile che un essere umano si debba togliere la vita per motivi economici, lasciando la propria famiglia in situazioni ancora più drammatiche.
Poi subentra la riflessione. Perché una persona preferisce morire piuttosto che affrontare i propri problemi?
Non dobbiamo pensare che la decisione arrivi improvvisa, in concomitanza con la ricezione della cartella di Equitalia. Quello di solito è l'atto conclusivo di una serie di decisioni, di atteggiamenti, di paure, di fughe.
Chi accumula debiti che poi non può più restituire spesso ha commesso piccoli o grandi errori, gli è mancato il controllo della situazione per anni, oppure non ha avuto la forza di affrontare alcune difficoltà lavorative e personali.
Quello che voglio dire è che un suicidio non è un'azione improvvisa, ma l'atto finale di comportamenti che spesso hanno un'origine più profonda e che non viene realmente analizzata ed affrontata.


Mi capita sempre più spesso di ascoltare discorsi o di notare atteggiamenti di persone che, potenzialmente, denotano già un istinto autodistruttivo. Che non necessariamente si manifesta in un atto violento. Spesso diventa apatia o depressione. Il che equivale, di fatto, ad una morte (solo meno evidente o drammatica).
Centinaia di migliaia di persone assumono psicofarmaci o droghe pur di tenere biologicamente in vita il proprio corpo, ma andrebbero annoverati ugualmente tra coloro che hanno deciso di togliersi la vita. Solo lo fanno più lentamente, in silenzio, spesso senza che nessuno attorno a loro se ne accorga realmente.

Sono molte di più le persone che si suicidano ogni giorno e di cui i giornali non parleranno mai.
E lo fanno perché privi della capacità di affrontare la vita, con i suoi problemi e le sue sfide. Decidono di non vivere perché non hanno compreso realmente il concetto di vita. Hanno creduto ad uno stereotipo falso, costruito ad arte da chi non ci vuole realmente vivi. Perché chi è vivo è pericoloso.
La vita non è manipolabile, solo la morte può essere pilotata. 

Alle persone è stata tolta la possibilità di vivere, non a causa delle tasse o della crisi, ma perché sono state eliminate in maniera sistematica tutte le fonti da cui traevano energia: la famiglia, la scuola, la religione, la comunità.
I bambini subiscono sin da piccoli una manipolazione violenta per mezzo della televisione e dei videogiochi. Questo i genitori devono saperlo, assumendosi questa responsabilità. Se lasciate i vostri figli in balia di quei messaggi subliminali li state, di fatto, uccidendo. Non conta quante cose gli comprerete o quanto sarete amorevoli con loro.  Un paio d'ore di televisione e videogiochi sono sufficienti ad installare nel loro subconscio programmi mentali che li renderanno fragili e robotici da adulti. Non c'è scampo.
Alla prima difficoltà si sentiranno persi, di fronte ai problemi decideranno di arrendersi o di reagire violentemente. Saranno esattamente come alcuni di quegli adulti che oggi decidono di togliersi la vita.
Perché non avranno punti di riferimento veri e saranno privi di quegli strumenti necessari ad affrontare le emozioni negative provocate da situazioni esterne difficili.

La scuola peggiora ulteriormente la loro situazione, poiché tutta basata su programmi scolastici finalizzati all'attività mentale piuttosto che di quella creativa o emotiva. La scuola costruisce al massimo degli obbedienti automi, e bolla come "indisciplinati" o "disadattati" quei pochi bambini ancora pieni di vita che giustamente si ribellano alla lobotomizzazione scolastica. Ed il corpo docente, vittima a sua volta di programmi alienanti e burocrazia folle, è complice inconsapevole di tale sistema.

Dobbiamo riprenderci la nostra fetta di responsabilità, impedendo ai nostri figli di essere programmati mentalmente da televisione e videogiochi, e facendo noi da insegnanti dopo aver imparato a nostra volta cosa significa essere vivi. Non potrà provenire dalla politica, e tanto meno dalla scuola, ormai parte integrante di un progetto volto a renderci sempre più apatici e passivi.
Dobbiamo dedicare una parte del nostro tempo per imparare concetti base quali la proattività, l'equilibrio emotivo, la consapevolezza. Poi è necessario sperimentare nel quotidiano quanto imparato. Infine trasferire con l'esempio questi messaggi alle persone che ci circondano.
Questa è l'unica rivoluzione possibile. Questa è l'unica cura anti-crisi. Questo impedirà i suicidi, fisici ed emotivi, di centinaia di migliaia di persone.
Ogni altra soluzione, violenta o passiva, sarà inutile e peggiorativa.
Decidi di prenderti la tua parte di responsabilità e comincia oggi la tua vera vita. Se non per te, fallo almeno per i tuoi figli.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it