Una pesante responsabilità

Da qualche tempo mi riesce difficile rispondere a questa domanda: "Quando una persona è davvero buona?".
I cattivi, di solito, sono sempre gli altri. Noi quelli buoni, o almeno in buona fede...
E questo dimostra chiaramente che la nostra valutazione è errata.

Mi pongo questa domanda soprattutto da quando ho iniziato a tenere corsi sul concetto di "Consapevolezza", in cui il concetto chiave è "siamo tutti addormentati e, sostanzialmente, funzioniamo come delle macchine imperfette".
Questo ovviamente crea in chi mi ascolta reazioni di vario tipo: indifferenza, stupore, ironia, incredulità, rifiuto, ansia, tristezza. Normale che sia così. Ma la domanda che mi pongo, a fine corso, è sempre più spesso questa: sono, io, davvero buono nel rivelare una verità così difficile da accettare (per chi davvero la comprende, nella sua drammaticità)?

Come in Matrix, il decidere di prendere la pillola rossa o quella blu, significa cambiare radicalmente la propria vita. Con quella blu decidi di rifiutare totalmente questa idea e di rimanere tranquillamente addormentato sino alla fine dei tuoi giorni. Con quella rossa realizzi di aver dormito e di essere stato vittima della tua mente fino ad oggi. Ed il risveglio sarà inevitabilmente duro e traumatico.

La scelta è difficile, ma necessaria. Poiché anche il "non scegliere" diventa una scelta.
E se la tua mente ti convince che queste sono tutte fesserie o, peggio, ti fa pensare di essere già perfettamente consapevole e sveglio, allora hai già deciso per la pillola blu, ovvero per la vita virtuale.
Ed è buffo vedere come la persona, da quel momeno in poi, troverà mille modalità per distrarsi, per pensare ad altro, per ridare potere alla sua Mente che gli sussurrerà di rifiutare questo concetto. Con loro il problema non si pone: l'incontro con me risulterà assolutamente indolore ed innocuo e presto dimenticheranno tutto.
Viceversa capisci subito se la persona ha optato per la pillola rossa, ovvero per il duro risveglio. La sua reazione è spesso di sbalordimento e di sofferenza. Non potrebbe essere altrimenti.
E' difficile, per la Mente, accettare di essere stata scoperta nel suo gioco perfetto.

Ed è proprio nel momento in cui osservo gli sguardi di queste persone che mi chiedo: starò facendo davvero il loro bene? Sono, io, buono in questo momento? O sarebbe stato meglio per loro rimanare in una beata inconsapevolezza?
Questa responsabilità a volte si fa pesante, e viene mitigata solo dal pensiero che, se sono lì, di fronte a me, e comprendono ciò che sto dicendo, è perché in qualche modo sono già pronti per questo.
Pronti per realizzare le infinite potenzialità della loro anima perfetta.

2 commenti:

  1. Credo che non si tratti di essere o sentirsi buoni o cattivi. Stimolare la consapevolezza delle persone è una gran bella cosa e se ci ascoltano (e pagano)vuol dire che la ricercano questa consapevolezza. Siamo agenti di consapevolezza. punto. Non dipende da noi il passato delle persone, però dipende da noi il nuovo sgruardo che avranno sul futuro e lì dobbiamo essere piuttosto cauti.Se poi alla fine, la scoperta è drammatica (e credo che un seminario non dovrebbe aprire squarci drammatici oppure se li apre dovrebbe richiuderli per non far andar via le persone troppo scoperte e vulnerabili) il problema è dopo. Accompagnare queste persone dalla consapevolezza all'accettazione e, poi, se vogliono, al cambiamento. Ma un corso o più corsi di formazione spesso non sono i mezzi più validi, è necessario un percorso individuale. Talvolta, comunque, basta e avanza l'accettazione di Sè, accettarsi per quello che si è. Imperfetti, ma consapevoli.
    Argomenti sempre interessanti i tuoi. A presto!
    Bruno

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  2. Ciao Bruno,
    innanzitutto lieto di conoscerti, anche se virtualmente. Ho letto qualcosa sul tuo blog e mi fa piacere incontrare altre persone in sintonia su alcuni concetti di base (ad esempio la poca simpatia per tutto ciò che è manipolatorio).
    In effetti un vero percorso sulla consapevolezza non può risolversi con una o più giornate formative, ma necessità di tanto lavoro quotidiano ed individuale.
    Credo che l'utilità di un seminario stia solo nel far conoscere concetti tenuti spesso segreti, e di fornirgli i primi strumenti per poi essere autonomi nella loro ricerca personale.
    I miei dubbi riguardano invece la "profondità" delle informazioni o degli strumenti da dare, poiché andrebbero tarati di volta in volta in base alla singola persona che hai davanti.
    Ma la tua frase finale, oltre che trovarmi d'accordo, mi conforta: a volte basta davvero l'accettazione del proprio (vero) Sè.
    Grazie davvero per il tuo contributo e a presto!

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it