Una violenza piccola piccola


I recenti episodi di cronaca hanno evidenziato quanto le persone siano sensibili (a volte morbosamente) rispetto agli episodi di violenza fisica. Un omicidio, soprattutto se dai contorni torbidi, innesca il nostro naturale sdegno e porta ad una condanna feroce degli assassini.
C'è però, molto più sottile e strisciante, sommersa e poco considerata, una violenza psicologica che non fa morti e feriti ma uccide allo stesso modo, senza che nessuno ne parli.

Piccolo esempio.
Ora di pranzo, dentro ad un ristorante piuttosto affollato. Aspettiamo 20 minuti per ordinare, oltre 50 per venire serviti. Dai tavoli qualcuno si lamenta. Civilmente, ma si lamenta. Nelle tovagliette di carta c'è un riquadro che invita ad esprimere le proprie "impressioni sul ristorante". Una bic passa di tavolo in tavolo, tutti vogliono scrivere per sfogarsi un po' rispetto all'ignobile servizio.
La mia deformazione professionale mi porta a cercare "le cause", ma questa volta non serve neppure tanta esperienza per comprenderle.
Il titolare, proprio davanti a noi, comincia ad insultare il cameriere dandogli dell'imbecille. Poi lo sposta di forza e gli dice "togliti, faccio io qui".
Dopo 10 minuti, passando di nuovo tra i tavoli esclama "il problema di questo ristorante è che ci vorrebbero dei camerieri!".
Noi clienti ci guardiamo sbigottiti. I camerieri diventano sempre più timorosi e con vergogna si avvicinano a noi per chiedere "tutto bene?".
Non è la prima volta che andiamo in quel ristorante, purtroppo è l'unico in quella zona e li salva una carne alla griglia eccezionale. Ma sarà di sicuro l'ultima.
Non abbiamo mai visto gli stessi camerieri due volte di seguito, ma il caos è sempre lo stesso. E le imprecazioni del titolare diventano sempre più insopportabili.

Mi chiedo:
- Questo signore ha la consapevolezza del fatto che con questo atteggiamento esercita una violenza psicologica nei confronti dei suoi collaboratori che è ingiustificabile tanto quanto la violenza fisica?
- Questo signore si è chiesto perché perde quei pochi camerieri bravi che ha ed osa lamentarsi solo di quelli scarsi che gli rimangono (gli unici costretti a sopportare un personaggio così?).
- Questo signore che vita mediocre fa, sempre arrabbiato con tutti e perennemente agitato?

Abbiamo provato a parlargli, ma lui si è definito un grande imprenditore con un solo problema: l'inettitudine dei suoi collaboratori.
Ci ha magnificato la sua capacità di aprire locali, la sua cura nel cercare la carne migliore, il suo grande fiuto per gli affari.
E più parlava più vedevo il degrado a cui può arrivare un essere umano totalmente concentrato su di sé.
Ma nessun telegiornale parlerà di questa notizia, nessun reporter intervisterà vittime e carnefici. Rimarrà una piccola storia insignificante, un dramma leggero e senza importanza. Il lento suicidio-omicidio di cui, purtroppo, nessuno parlerà.

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con quello che scrivi, e fai bene a definirla "violenza psicologica" perchè tale è l'azione del demotivare o invalidare persone.
    E' davvero sconcertante assistere a questi drammi, sottili, apparentemente insignificanti ma tanto devastanti.
    Purtroppo la massa popolare si smuove davanti all'evidenza delle cose, alla concretezza delle situazioni, alla loro tangibilità ... perchè leggere e ascoltare "sotto la superficie" o "attraverso l'aria" richiede molto più impegno e sensibilità.
    Grazie Fabrizio per i tuoi scritti e per le tue eccellenti riflessioni, sicuramente tanto importanti per tanti imprenditori, quelli che avranno il coraggio di scoprire il pentolone e guardare cosa cuoce in brodo, per una loro vita migliore, per un mondo migliore!

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  2. Grazie mille Marica,
    quello che sto cercando di portare avanti è un concetto che vada oltre l'essere un "buon imprenditore". Abbiamo lentamente perso il concetto di umanità, e siamo diventati dei "budget", dei "contratti di lavoro", delle "risorse umane".
    Non osservare questo sfacelo significa vivere davvero in un mondo parallelo, fatto di "illusioni motivazionali" che ormai manifestano tutti i loro limiti.
    Consapevolezza è guardare in faccia le cose ed attribuire i nomi corretti a ciò che osserviamo. Per poi capire cosa bisogna fare concretamente, scardinando lo status quo da cui siamo stati fagocitati.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it