Personalità pericolose - Parte II


C'è un aspetto che a volte trascuriamo quando ci relazioniamo con gli altri. Ovvero la loro tendenza a crearci paure o ansie.
E' in realtà una modalità (conscia o inconscia) per tentare di avere controllo su noi: ti creo un timore nei confronti di qualcosa o un dubbio rispetto le tue capacità, per poi insinuare l'idea che solo io posso aiutarti o risolvere quel problema (il più delle volte inesistente).
Facciamo un esempio.
Se ti dico: "Col brutto carattere che hai solo uno come me può sopportarti", cosa sto facendo? Innanzitutto sto spacciando per oggettiva una considerazione soggettiva (ovvero che tu abbia un brutto carattere). Quindi ti potrei insinuare l'idea che quando qualcosa non va è colpa del "tuo brutto carattere". E che se io ti lascio tu sei nei guai perché "uno come me non lo troverai mai più". Se l'altra persona comincia a credere a questa teoria ecco che in automatico comincerà ad accettare passivamente tutto ciò che io gli faccio, per paura che io davvero lo possa lasciare.

Oppure: "Questa cosa è molto complessa, senza di me farete fatica a portarla avanti".
Ancora una volta si dà per scontata una considerazione soggettiva (la complessità) senza dare all'altra persona la possibilità di valutarne la veridicità. Il fatto che solo io mi occupi di quella cosa "complessa" senza mai insegnarla a qualcun altro darà la percezione che io abbia detto una cosa vera. Quindi divento indispensabile. E se sono indispensabile posso cominciare una lenta e sottile forma di ricatto nei confronti degli altri. Tipo: "Se non vi sta bene il mio carattere me ne vado SUBITO", sapendo perfettamente che avendo creato attorno a me questo mito di essere l'unico a saper fare le cose nessuno mai mi dirà "Sì, vattene" (anche se sarebbe la scelta migliore).
Il pericolo sta nel fatto che molte di queste espressioni sembrano innocue o addirittura frutto di grande benevolenza nei confronti degli altri "poveri mortali".
Ma ad un'osservazione più attenta noteremo che implicano sempre una sorta di implicito ricatto volto a rendere "dipendente" chi gli è accanto.
Se l'altra persona, anche per una frazione di secondo, dovesse pensare "io senza di lui non potrei riuscire a..." ecco che il primo ingranaggio di un meccanismo più complesso è stato inserito. E col tempo potrebbe essere non facile riconoscerlo. A lungo andare, infatti, la dipendenza diverrà da virtuale a reale, confermando la profezia del nostro carnefice.
Le conseguenze saranno a quel punto molto visibili: insicurezze, ansie, paura di non farcela da soli, timori irrazionali, pensieri invalidanti e a volte persino forme depressive.

Come evitare di cadere nella trappola? Innanzitutto riconoscendo subito queste comunicazioni volte a farci sentire sbagliati, in pericolo oppure inutili. Il prendere coscienza aiuta infatti a non accettare tali messaggi, ricordando invece a noi stessi la nostra autonomia e forza.
Nel momento stesso in cui non ci renderemo complici di questi attacchi vedremo la vera natura di chi abbiamo di fronte, ovvero se davvero l'intento era quello di aiutarci o soltanto quello di dominarci.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it