Il vero bene per gli altri


Rimango sempre molto colpito quando trovo all'interno delle aziende qualcuno che si oppone ad avere premi ed incentivi meritocratici. Il concetto del premio "a tutti o a nessuno" diventa quasi irrazionale, soprattutto quando proviene da chi si auto proclama "difensore dei diritti dei lavoratori".
Trovo che sia piuttosto frustrante, per chiunque svolga una normalissima attività, vedere ricompensati i propri sforzi nell'esatta misura in cui viene ricompensato chi quegli sforzi non li fa, o ne fa molti meno.
Si potrebbe quindi pensare che l'opposizione arrivi proprio da chi è già consapevole di non voler fare bene quanto gli altri. Ma non è sempre così. Ho trovato anche discreti lavoratori che si opponevano alla meritocrazia "per principio", il che mi ha fatto riflettere su cosa caratterizzi davvero queste persone.

Io ammiro molto chi ha dei propri valori ed ideali, ma allo stesso tempo penso che un principio debba basarsi su un reale bene per gli altri. Se tu, per tutelarmi, mi crei un danno, allora non mi stai davvero tutelando. Se sei contrario alla meritocrazia dovresti poter argomentare razionalmente la tua presa di posizione, non farne solo una vaga questione di "principio".
Una motivazione che mi viene data è che chi non prende il premio poi si demotiva. In effetti a nessuno piace perdere un'opportunità, ma chi la perde dovrebbe cogliere l'occasione per chiedersi: "Come mai l'ho persa? Come mai la maggior parte dei miei colleghi o dei miei responsabili ha giudicato negative le mie prestazioni o i miei atteggiamenti?".
A questo punto viene fuori la seconda obiezione: i risultati di una premiazione sono in gran parte dovuti alle "simpatie/antipatie" di chi vota. Il che è verissimo. Ma ancora una volta la persona dovrebbe chiedersi: "Come mai alla maggior parte dei miei colleghi risulto antipatico?".

Tendenzialmente chi si giustifica uno scarso risultato non sta solo perdendo l'incentivo in palio (che comunque non avrebbe, se non ci fossero incentivi in azienda), ma sta perdendo un'opportunità unica per domandarsi in che cosa dovrebbe realmente migliorarsi per andare maggiormente d'accordo con gli altri, per ricevere più collaborazione, per risultare più simpatico, per essere visto come un esempio dagli altri.
Molto spesso chi è contrario agli incentivi meritocratici in azienda coincide con chi è meno disponibile a mettersi in gioco o a modificare i propri atteggiamenti (sebbene a voce possa affermarlo). In poche parole manifesta in questo modo la sua poca autostima ed è come se comunicasse agli altri: siccome non voglio migliorare me stesso, so che non arriverò mai a raggiungere i premi destinati ai migliori. Quindi non voglio neppure che siano gli altri a prenderli.
Una visione piuttosto egoistica, spacciata però però per "salvaguardia" degli "altri" (dove gli altri, di solito, sono quei pochi che come lui faticano a mettersi in gioco). Purtroppo queste persone potrebbero far sentire in colpa chi il premio lo prende, chi si dà da fare, chi cerca di migliorarsi, additandolo come "leccaculo" o "venduto". Ed a volte questo senso di colpa attecchisce, soprattutto tra le persone più sensibili.
Quando questo accade provo un grande dispiacere, poiché mi rendo conto che la singola mela marcia può davvero intaccare un intero cestino di mele sane, desiderose solo di salvaguardare la loro "salute".
E se proprio non rimane altro da fare l'ultima soluzione possibile, per il vero bene degli altri, è quella di togliere la mela dal cestino. Anche a costo di passare per i "cattivi" della situazione.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it