Non ricordo l'autore di questo meraviglioso aforisma, ma mi torna spesso in mente nell'osservare come l'essere umano, a volte, tragga ben poco da quella che dovrebbe essere la cosiddetta "esperienza".
Molto più spesso si entra in un meccanismo buffo, in cui il ripetere situazioni già vissute (errori compresi) testimonia l'estremo tentativo di non dover ammettere di aver sbagliato (anche) in passato.
Nella ripetizione dell'azione il messaggio diventa: "Ora ti faccio vedere che non sono stato io a commettere errori, ma era l'ambiente, le persone, la sfortuna...".
Ovviamente (per chi osserva dall'esterno, meno per chi lo vive) le conseguenze sono spesso le medesime del passato, poiché le azioni della persona "incolpevole" tenderanno ad essere le stesse, portano ai medesimi risultati fallimentari.
Questo meccanismo alcune persone lo applicano con i propri partner (trovandosi perennemente a lottare con persone sbagliate), altre nel lavoro (cambiando continuamente impiego alla ricerca dell'ambiente o dal capo "giusto").
L'epilogo non è mai dei migliori, poiché mancando una vera presa di responsabilità che faccia osservare lucidamente i fatti, la scena si farà sempre più complessa e nebulosa, sino ad arrivare al caos più totale.
Anche nelle aziende avviene questo, e di solito produce effetti devastanti, con errori ripetuti all'infinito e gestiti (malamente) sempre nell'identica maniera: curando gli effetti della malattia e non le cause.
Le urla dell'imprenditore arrabbiato sono quasi sempre provocate dagli errori madornali dei suoi collaboratori. Eppure niente di concreto viene fatto per evitare che in futuro quell'errore venga commesso nuovamente.
Perché nessuno prenderà nota di ciò che è successo per evitare che si ripeta.
Perché non ci si fermerà per formare chi ha provocato il problema.
Perché si penserà solo a mettere una pezza, senza risalire a ciò che ha generato l'errore.
Perché finito il momento di rabbia da parte dell'imprenditore si ricomincerà con le identiche modalità di prima.
Quindi, riprendendo il titolo iniziale: la storia di un'azienda insegna che la storia di quella azienda non ha insegnato niente.
Molto più spesso si entra in un meccanismo buffo, in cui il ripetere situazioni già vissute (errori compresi) testimonia l'estremo tentativo di non dover ammettere di aver sbagliato (anche) in passato.
Nella ripetizione dell'azione il messaggio diventa: "Ora ti faccio vedere che non sono stato io a commettere errori, ma era l'ambiente, le persone, la sfortuna...".
Ovviamente (per chi osserva dall'esterno, meno per chi lo vive) le conseguenze sono spesso le medesime del passato, poiché le azioni della persona "incolpevole" tenderanno ad essere le stesse, portano ai medesimi risultati fallimentari.
Questo meccanismo alcune persone lo applicano con i propri partner (trovandosi perennemente a lottare con persone sbagliate), altre nel lavoro (cambiando continuamente impiego alla ricerca dell'ambiente o dal capo "giusto").
L'epilogo non è mai dei migliori, poiché mancando una vera presa di responsabilità che faccia osservare lucidamente i fatti, la scena si farà sempre più complessa e nebulosa, sino ad arrivare al caos più totale.
Anche nelle aziende avviene questo, e di solito produce effetti devastanti, con errori ripetuti all'infinito e gestiti (malamente) sempre nell'identica maniera: curando gli effetti della malattia e non le cause.
Le urla dell'imprenditore arrabbiato sono quasi sempre provocate dagli errori madornali dei suoi collaboratori. Eppure niente di concreto viene fatto per evitare che in futuro quell'errore venga commesso nuovamente.
Perché nessuno prenderà nota di ciò che è successo per evitare che si ripeta.
Perché non ci si fermerà per formare chi ha provocato il problema.
Perché si penserà solo a mettere una pezza, senza risalire a ciò che ha generato l'errore.
Perché finito il momento di rabbia da parte dell'imprenditore si ricomincerà con le identiche modalità di prima.
Quindi, riprendendo il titolo iniziale: la storia di un'azienda insegna che la storia di quella azienda non ha insegnato niente.
Quanto é vero......
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