Come salvare la nostra Azienda Stato

Se lo Stato fosse un'azienda, chi sarebbero i proprietari? Ovviamente tutti noi cittadini.
I politici quindi non sono altro che manager che noi paghiamo per fare in modo che l'azienda produca utili, benessere per la comunità, sviluppo.
Per deformazione professionale sono abituato a pensare in termini molto pratici, e se un'azienda dovesse cominciare ad accumulare debiti e a creare problemi per la comunità (magari perché inquina) le prime due cose che farei sarebbero queste:

1. Incontro con i manager per verificare i seguenti fattori:
a. Competenza tecnica
b. Competenza organizzativa
c. Competenza relazionale
d. Onestà

Tutti e 4 questi fattori sono infatti indispensabili per poter gestire le complesse dinamiche aziendali. 
Se riscontrassi gravi lacune in una o più di queste aree selezionerei le persone da tenere e individuerei quelle da mandare via. A coloro che hanno creato danni ingenti non darei ovviamente alcun tipo di bonus, né lo proporrei ad un'altra azienda. Semplicemente si dovrebbero cercare un altro posto di lavoro, sicuramente con ruoli di minor responsabilità.
Al loro posto assumerei nuovi manager che abbiano le qualità e competenze necessarie per risollevare le sorti dell'azienda.
Fin qui tutto piuttosto semplice e logico.


2. Analisi dei conti, per capire da cosa sono state generate le perdite:
a. Riclassificazione del bilancio (ovvero una suddivisione in macro voci)
b. Individuazioni degli sprechi e delle spese eccessive
c. Azioni correttive immediate

La prima anomalia potrebbe essere scoprire che la mia azienda vive solo grazie al fatto che i proprietari continuano a rifinanziarla, facendosi a loro volta prestare soldi che non hanno dalle banche (finché glieli danno).
Giustamente andrebbe preso in considerazione il fatto che l'azienda dà lavoro a molte persone e che quindi rappresenta una risorsa non tanto per i proprietari quanto per l'intera collettività.

Quindi andrei a guardare dove vanno a finire i soldi, ovvero le voci di spesa.
Non dovrei partire dalle più strane o ingiustificabili, bensì dalle più RILEVANTI.
Certo, non farebbe piacere scoprire che i dipendenti si compravano le paste alla crema tutti i giorni addebitando la spesa all'azienda, ma sarebbe molto più grave scoprire di aver assunto 30 persone che non si sono mai presentate a lavorare. O aver pagato i manager 10 volte quello che è lo stipendio medio di chi ricopre un ruolo simile.
Poi andrei a vedere chi sono i miei creditori maggiori, non i piccoli in difficoltà, bensì quelli molto grandi che non amano pagare. E mi concentrerei subito su quelli, piuttosto che chiedere ai miei collaboratori di ridursi lo stipendio per salvare l'azienda.
Infine taglierei tutte le spese superflue, licenziando immediatamente chiunque le abbia fatte per un tornaconto personale.

Certo, non sarebbero tutte azioni con risultati immediati, ma di sicuro i clienti, i fornitori e le banche vedrebbero la reale volontà di cambiamento.
Ora mi chiedo: se queste sono ovvie modalità che applicheremmo per un'azienda, perché nessuno è mai intervenuto in questo modo?
Spesso sono le trasmissioni televisive che vanno ad indagare su queste spese occulte o sui grossi crediti mai riscossi (come i 98 miliardi che dovrebbero pagare le concessionarie di slot machine allo Stato, che risanerebbero in un colpo solo la nostre disastrate finanze).

Ma in questa azienda che è l'Italia il caos regna sovrano, perché solo nel caos è possibile far apparire tutto complesso o farsi dare stipendi milionari pur essendo dei perfetti inetti. L'ordine è sempre molto temuto da chi tende a lavorare nell'ombra o da chi a lavorare non ci va proprio.
Non servono i Tecnici, servono persone capaci di affrontare i veri macro problemi senza farsi distrarre dagli inutili particolari o dal canto delle sirene.
Serve che i proprietari dell'azienda tornino ad esercitare il loro sacrosanto diritto di controllo e di guida, licenziando i corrotti e gli incapaci.
Non c'è un'altra strada.





3 commenti:

  1. Ciao Fabrizio, questo tuo bellissimo articolo mi spinge ad arricchire l'analisi spero con la medesima capacità di sintesi ed efficacia. Riprendo dalla tua conclusione ("Serve che i proprietari dell'azienda tornino ad esercitare il loro sacrosanto diritto di controllo e guida...") per individuare i criteri e gli strumenti necessari affinché realmente il diritto di controllo e guida venga restituito ai legittimi proprietari.
    Seguendo l'analogia azienda/stato, quando una azienda è caratterizzata da una moltitudine di proprietari, ad esercitare il controllo sull'opera degli amministratori è il collegio sindacale, di cui membri sono direttamente eletti dai proprietari. Pur costituendo un importante strumento di garanzia circa la coerenza dell'operato degli amministratori agli interessi dei proprietari dell'azienda, l'organo di controllo è pur sempre un organo di rappresentanza che può essere viziato da interessi particolari dei suoi membri, così come può essere viziata da interessi particolari l'operato degli amministratori delegati. Pur riconoscendo questa inefficienza strutturale comune ad azienda e Stato, c'è un'importante differenza dal punto di vista meramente tecnico fra una grande azienda e uno Stato. Nelle grandi aziende un ristretto gruppo di proprietari (in genere sono i proprietari che dispongono di una cospicua fetta del capitale sociale) è capace di esercitare il controllo diretto sull'operato dei suoi amministratori delegati (e anche del collegio dei sindaci). Altro aspetto importantissimo è che questo gruppo ristretto di proprietari ha facoltà di indagine su tutti i documenti e fatti che caratterizzano l'attività aziendale. Con buona approssimazione possiamo anche assumere che gli interessi di questo gruppo ristretto di proprietari coincida con gli interessi di tutti i proprietari dell'azienda, e se così non fosse il valore dell'azienda nel mercato si svaluterebbe parecchio e ciò andrebbe contro gli stessi interessi dei proprietari principali. In sostanza sono le forze apparentemente contingenti a garantire l'efficienza e l'efficacia dell'attività amministrativa delle grandi aziende.
    Purtroppo l'azienda Stato non beneficia di molti di questi aspetti e la storia del nostro paese (come quello di tanti altri) è testimone di questo pesante vizio di forma tecnico-istituzionale. Prima di tutto la proprietà dell'azienda Stato è suddivisa in pari quantità ai suoi cittadini: uno vale uno è il modo per indicare che ogni cittadino può esercitare uno e un solo voto. Questo esclude la possibilità che vi sia un ristretto gruppo di proprietari in grado di poter esercitare direttamente il controllo sull'operato delle amministrazioni pubbliche, e non solo, la legge vigente non consente al singolo cittadino l'accesso a tutta la documentazione e ai fatti dell'amministrazione (vedi lo scandalo della regione lazio). Pur assumendo che i nostri rappresentanti istituzionali siano paragonabili al ristretto gruppo di proprietari controllanti (dato che essi stessi sono cittadini) manca l'incentivo del valore di mercato in quanto se l'azienda Stato va economicamente male, il valore direttamente legato al diritto di cittadinanza non viene minimamente intaccato, sicché risulterà conveniente per questi rappresentanti fare i propri interessi a spese e danno dei loro rappresentati.
    Esiste allora una soluzione efficace a questo problema ?

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    1. Fino a qualche decennio fa la risposta sarebbe stata negativa, ma con le tecnologie oggi a disposizione si può finalmente dare consistenza tecnico-pratica al diritto fondamentale di ogni cittadino: il diritto di poter accedere a tutti i documenti e ai fatti della pubblica amministrazione.
      E' la TRASPARENZA la chiave di volta che può veramente cambiare le cose.
      Se ogni documento e fatto della pubblica amministrazione fosse di dominio pubblico, gruppi di cittadini animati dagli interessi più disparati potrebbe esercitare il diritto di controllo e denuncia della cattiva gestione. I nostri rappresentanti non avrebbero più i mezzi per nascondere e confondere le singole responsabilità di gestione e verrebbero subito individuati e sostituiti all'occorrenza. Il valore della trasparenza è il vero fondamento della democrazia perché finalmente sarebbe la proprietà tutta dello Stato ad esercitare DIRETTAMENTE il controllo sugli amministratori. Senza trasparenza la democrazia rimane una visione teorica e non pratica dei principi di libertà e uguaglianza.
      La trasparenza oggi è possibile tecnicamente e a costi irrisori per la società, sarebbe buona cosa pretenderla e pretenderla in fretta, prima che i difetti di questo sistema istituzionale comprometta irrimediabilmente il futuro dei nostri figli.

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    2. Ciao Carmelo,
      quello che dici è verissimo e dovrebbe essere uno dei punti fondamentali delle forze politiche che auspicano ad un reale cambiamento.
      So che parli da persona competente, ed è proprio la competenza specialistica che dovrebbe arricchire la buona volontà di chi è in Parlamento per il bene del Paese e non per propri interessi personali.
      Mi auguro di avere altre tue riflessioni su questo blog.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it