Il momento giusto per occuparsi di sé.

Esiste una categoria di persone che non si prende mai cura di sé, trasferendo in un futuro (improbabile) il momento in cui lo farà.
Potremmo riassumere le loro caratteristiche in questo modo:
- quando stanno male non si prendono cura di sé perché "non ne hanno le forze" o "gli mancano le energie sufficienti" per farlo
- quando stanno bene non si prendono cura di sé perché non hanno necessità contingenti, quindi perché occuparsi di stare meglio?

Per "prendersi cura di sé" intendiamo occuparsi del proprio miglioramento psico-fisico e, per chi crede, della propria "anima".
Riconoscete queste persone da un fattore: dichiarano di essere nella fase in cui stanno "bene" solo perché non hanno in quel momento problemi di "sopravvivenza", come se non esistesse nient'altro oltre al pagare bollette, al non avere il raffreddore o all'avere da mangiare tutti i giorni (qualcuno ci inserisce anche il fatto che la propria squadra del cuore vinca ogni domenica).
In realtà prendersi cura di sé molto spesso significa fermarsi ad osservare. Osservare se stessi, le proprie reazioni, le proprie abitudini ormai cristallizzate, il modo in cui rispondiamo alle persone, le emozioni più ricorrenti che proviamo, i pensieri che ci riempiono la testa.
Questa osservazione è come se fosse una radiografia di noi stessi e del nostro reale livello di "salute".

Chi non si concede questo lusso finirà con l'essere risucchiato dal vortice di ciò che gli accade, affermando implicitamente di essere una persona "on-off": quando gli eventi non creano malesseri ci si illude di stare bene, quando gli eventi creano disagi ci si lamenta di stare male.

Questo meccanismo è ancora più visibile in alcune aziende, gestite con la stessa modalità:
- quando l'azienda va male si dichiara di non avere "risorse economiche" per potersi permettere un percorso di crescita e di miglioramento organizzativo.
- quando l'azienda va bene si afferma di non avere "tempo" o "necessità particolari" per dedicarsi alla formazione.
Così come gli esseri umani anche queste aziende (e di conseguenza chi li dirige) vivranno cicli di alti e bassi pressoché costanti, in cui i momenti di "basso" verranno giustificati con le motivazioni più varie: mercato in depressione, sfortune "imprevedibili", clienti insolventi e così via. Senza comprendere che questo è solo l'effetto di non aver rafforzato la struttura mentre le cose andavano bene.
In poche parole è come la salute fisica, in cui ci si potrebbe avvilire per una malattia quando è nella sua fase più acuta (e quindi quando il corpo è più debole per reagire) dimenticandosi di rendere il corpo più forte proprio quando si è in salute.

Purtroppo è molto difficile trasferire questo concetto alle persone abituate da sempre a vivere in modalità "on-off", poiché per loro quella è l'unica possibile e quindi non è modificabile.
La verità più profonda è che queste persone non vogliono stare bene, oppure inconsciamente pensano di non meritare di star bene, quindi creano loro stessi i presupposti per trovarsi in situazioni difficili per poi potersi dare ragione delle loro lamentele.
Se tenti di togliere loro i motivi veri delle lamentele apparirai ai loro occhi come un nemico (che non li capisce, che la fa troppo facile, che fa il saputello etc).

Ancora una volta il libero arbitrio è superiore a tutto il resto, e questo ci permette di scegliere che tipo di esistenza vorremo avere. Persino di scegliere di avere un'esistenza stressante, conflittuale, problematica. E neppure un consulente, un dottore o un amico può andare "contro" questa scelta individuale, limitandosi ad accettare l'altrui volontà.
E' frustrante osservare questo meccanismo autolesionista senza poter far nulla (sopratutto quando siamo legati affettivamente a queste persone), ma è altrettanto importante non lasciarsi trascinare giù da coloro che hanno deciso di affondare.
Poiché l'altrui libero arbitrio non deve, allo stesso modo, condizionare il vostro personale libero arbitrio.

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it