Alla domanda "chi sei?" molte persone non sanno cosa rispondere. Alcuni ti dicono solo il loro nome, altri aggiungono elementi sul loro "ruolo" nel mondo, tipo "sono un dirigente" o "sono il padre di 2 figli".
Quello di identificarsi totalmente nel proprio ruolo è una prassi piuttosto diffusa, soprattutto nelle persone con un Ego ingombrante. Il problema non consiste tanto nel fatto che una persona, per definirsi, debba raccontare "cosa fa" bensì nell'incapacità successiva di sapersi distaccare da quel ruolo che pensiamo ormai essere il nostro vero Io.
Poiché i ruoli sono spesso stereotipati, anche il comportamento segue quegli stereotipi.
Ad esempio per anni lo stereotipo dell'imprenditore era quello di una persona autoritaria, seriosa, piuttosto ansiosa ed irascibile. L'imprenditore per farsi rispettare creava le regole e ne imponeva il rispetto in maniera speso brusca. Era quello che minacciava il licenziamento dei fannulloni. Era quello che "se non ci fossi io...".
Nei passaggi generazionali in azienda ho assistito spesso a questo strano meccanismo: padre forte e autoritario, figlio più conciliante e diplomatico. Ma nel momento in cui il titolare diventava il figlio cominciava ad assumere gli stessi comportamenti del padre, adducendo questa metamorfosi alle maggiori "responsabilità".
In realtà il figlio comincia ad assomigliare sempre più al padre solo perché ha identificato se stesso con un ruolo (quello appreso, appunto, dal padre stesso).
La riprova di questo la si ha nell'incontrare queste persone fuori dall'ambito lavorativo. A volte sono molto diverse, o addirittura irriconoscibili. Anche in questo caso giustificheranno la differenza sostenendo che "fuori dall'azienda non hanno gli stessi problemi".
L'identificarci con il nostro ruolo ci porta a dover portare una maschera continuamente e questo crea spesso tensioni, frustrazioni, logorio emotivo. Non parliamo solo di ruoli lavorativi, ovviamente. Anche l'essere mariti, nonne, figli, amanti è un ruolo. Così come essere di destra, di sinistra, intellettuale, superficiale, spiritoso, triste.
Nella ripetizione automatica la maschera comincia a "fondersi" col nostro viso, fino a rendere indistinguibili le due cose. E capite bene come sia difficile, a questo punto, levarsi la maschera. La persona ti dirà che lui E' quello. Che lui E' fatto così. Da sempre, da quando è nato.
Eppure la nostra personalità (che infatti deriva da "persus", ovvero maschera) non ha niente a che fare con quello che noi siamo davvero.
Ed anche io adesso, nello scrivere in questo blog, rischio di portare avanti un ruolo. Per ricordarmi che non sono il personaggio che scrive questi pensieri dovrei ogni tanto pubblicare una ricetta di cucina, oppure mettere la mia foto di quando sono in casa in mutande e maglietta. Certo lo spettacolo non sarebbe piacevolissimo, ma aiuterebbe me (e non necessariamente voi) a non identificarmi nel mio ruolo.
Ok, tranquilli, metterò la ricetta di cucina e non la mia foto in mutande...
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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it