Chiunque abbia un’attività commerciale o gestisca
un’azienda sa bene che questa crisi ha amplificato il rischio di ricevere
insoluti o addirittura di essere vittime di vere e proprie truffe da parte di
clienti e fornitori senza scrupoli.
Eppure negli ultimi anni è cresciuto notevolmente il
numero di imprese che affermano di fare
dell’etica aziendale il loro presupposto fondamentale. Se questo da una
parte fa loro onore, dall’altra sarebbe utile comprendere cosa intendono quando
fanno un’affermazione così importante.
Da un sondaggio fatto presso un campione rappresentativo
di aziende del nord Italia è emerso che per Etica Aziendale si intende spesso
la volontà di relazionarsi in maniera professionale e corretta con i clienti.
Non tutti contemplavano i fornitori. Quasi
nessuno i propri collaboratori.
Vediamo perché, con un semplice esempio:
Se io avessi un ristorante, e facessi dello standard
qualitativo offerto al cliente il mio valore etico principale (perché uso solo
prodotti selezionati, o a km zero, o “biologici”) ma trascurassi l’approccio
con i miei fornitori e collaboratori, presto avrei due problemi:
-
I miei fornitori, se non rispettassi i pagamenti
concordati, smetterebbero di rifornirmi regolarmente o di darmi i loro prodotti
migliori. E questo significherebbe a cascata una qualità peggiore dei cibi
offerti.
-
I miei collaboratori, se ad esempio non li
gratificassi, lavorerebbero con un livello di stress tale da condizionare anche
l’accoglienza o il loro approccio con il cliente. Compromettendo ancora una
volta la “promessa” fatta al pubblico.
Questo ci chiarisce quindi una prima regola fondamentale:
un’azienda che si definisce etica non
può essere tale se non parte dal rapporto con i propri fornitori e,
soprattutto, con tutti coloro che vi lavorano all’interno.
Vediamo quindi cosa significa, concretamente, creare
un’azienda che possa affermare di avere un approccio etico con i propri collaboratori:
1.
Avere una
carta dei valori realmente condivisi, da cui derivano delle regole chiare che
tutti debbano rispettare, a prescindere dal ruolo che ricoprono.
In assenza di regole e valori
infatti prevarrà sempre la “legge del più forte” o meglio “del peggiore”.
Questo andrà a svantaggio di coloro i quali per carattere o educazione tendono
a tollerare i soprusi o il menefreghismo dei propri colleghi, sobbarcandosi
maggior lavoro o dovendo risolvere i problemi creati da altri.
2.
Avere un
sistema di incentivi meritocratici, che tenga conto non solo di fattori
tangibili (risultati, ore di lavoro, produttività) ma anche e soprattutto intangibili (ovvero comportamenti e
atteggiamenti nei confronti di clienti e colleghi).
Non c’è infatti niente di
peggio di un ambiente di lavoro i cui nessuno riconosca i meriti di chi fa di
più e meglio.
3.
Possibilità
di poter contribuire con idee e suggerimenti, che apportino migliorie al
proprio lavoro personale e a quello di tutto il gruppo.
E’ infatti molto svilente
essere costretti a fare “come si è sempre fatto” solo per l’incapacità di
qualche superiore (o del titolare stesso) di stare al passo con i tempi e con i
normali cambiamenti.
4.
Profonda
attenzione alla persona, prima che al suo ruolo di collaboratore.
Questo significa percepire i
vari malumori, intervenire velocemente nel caso di angherie, gestire in maniera ferma i pettegolezzi, allontanare
coloro che in maniera recidiva minano la serenità del gruppo. Il non agire, in
questi casi, rappresenta sempre una discutibile e pericolosa compiacenza da
parte di chi ha il potere e il dovere di farlo.
Senza questi quattro punti fondamentali un’azienda faticherà
a posizionarsi come etica, poiché ogni azione
sarà volta a compensare i reali
scompensi, che partono internamente e poi inevitabilmente si manifestano all’esterno.
Tutto ciò porterà ad evidenti incongruenze tra ciò che si
comunica di essere e ciò che viene percepito dal cliente, compromettendo così anche
la propria reputazione generale.
Partite quindi dall’interno a creare la vostra etica
aziendale e una volta che questo avrà portato risultati attesi, potrete
comunicarlo anche esternamente.
Fabrizio ti è capitato di leggere l'articolo scritto dal Direttore Commercilae dell'oleificio Coppini, che ho pubblicato sul mio blog:
RispondiEliminahttp://cultura-manageriale.blogspot.it/2012/11/le-strategie-competitive.html
Ci vorrebbero tanti Capi come quel direttore commerciale.
Parole sante.
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